IL SUD AMERICA

Gli insegnò l’unica cosa che doveva imparare per l’amore: che la vita non te la insegna nessuno.

Cent’anni di solitudine
Gabriel Garcia Marquez

I viaggi ed i lunghi periodi vissuti in centro e Sud America e nelle isole caraibiche hanno delineato una corposa produzione pittorica in parte eseguita in loco e poi inevitabilmente proseguita in Italia.

Ho pensato a questo capitolo in considerazione dello sguardo d’insieme su queste opere sia per l’uso di colori acquistati sul luogo e qui mi riferisco a Santo Domingo sia per gli accesi cromatici che richiamano quelle maschere giganti e quei monili di perline intrise di musiche selvagge, di riti e danze tribali, di memorie africane ancora vive, pulsioni inestinguibili dopo ben cinque secoli che solo l’Africa riesce ad evocare.

Influenze, contaminazioni artistiche, non solo, incontri con popoli diversi da noi e fra loro, i veri indigeni i Taino provenienti dal Venezuela magri con naso aquilino e di bassa statura e quelli con caratteri somatici ascrivibili a diverse zone dell’Africa, deportati come schiavi all’epoca del colonialismo.

Tramonti e i cieli appesantiti da scuri nembi strappati da squarci rosati fra i quali filtrano luci accecanti per lasciare posto agli arancioni che nessuna tavolozza riesce ad eguagliare mentre tenere brezze sgombrano la mente da ogni preoccupazione.

Di fronte al Caribe che regala turchesi screziati di blu scuro strisciato da fili d’argento dimenticati da ninfe distratte, sotto l’ombrellone per ripararsi dai raggi di un sole gigante al posto del nostro caffè un sorso di rhum ghiacciato: gocce di una gioia ambrata e profumata che attiva nel palato una quiete che si trasforma in sensazioni proibite al ritmo del merengue.

Sensi che si risvegliano ma si ripiegano immediatamente incedendo ad un pigro stato di veglia, ironicamente detto cata-tropico dove i profumi degli oli al cocco e dei venditori ambulanti con carretti trasudanti di pina colada si confondono con le brezze marine e questo elisir prende forma in una enorme carezza che ti avvolge al ritmo del “son” del “reguetton”, della “baciata”.

Lontano da casa, dalla vita frenetica e dai problemi i disegni raccolgono questo elisir di note colorate e la semplicità del supporto che a volte non era proprio pregiata carta di Fabriano ritrova la forza degli accesi contrasti, i candidi sorrisi dei dominicani ed il sapore della papaia con dolci note di giallo mango.

Abbandonato il ritmo antidepressivo del merengue dominicano la Colombia poi, Bogotà in solitudine sulla calle settima alla Candelaria figure fluttuanti ed irreali, costumi evocanti Dei precolombiani dorati e scheletri immortali che solo Marquez riesce a descrivere.

Le Ande sono vicine sino ad abbracciarle e le dimensioni del corpo si estendono con loro dal Cerro di Monserrat ai musei di arte moderna alle librerie dove trionfavano tutti i libri di archeologia che non avevo trovato in Italia.

Sono così nati disegni a matita con donne coperte di tegole a significare uno stato emotivo di purificazione dal dolore e guerrieri coperti di piume, forse sciamani Chibcha o cacique Muisca ma anche Orfeo ed Euridice che non deve fermare il suo canto fino agli inquieti fantasmi dell’aeroporto El Dorado che apparivano nei tabelloni dei voli per poi scomparire nei loro angar segreti.

Dondolando fra mente e corpo dopo questi tragitti sudamericani camminavo a mio piacimento su arcobaleni fra il Sud America e le mura antiche dove abitualmente si diffonde musica brasiliana, ponti di musica dove i dialoghi interiori prendono forme spirituali o carnali.

Favoriti dalle dimensioni dilatate dell’anima questi disegni sono diretti a scoprire attimi di coscienza assumendo sembianze che riducono all’essenziale il messaggio.

Fra le numerose creazioni cito “The break”, “hidden for a while”, “the black joker”, “attrazione o paura”, “you and me” e la scultura in creta nera che rappresenta la guaritrice: la “Curandera”.

Sperando nella fine delle pandemie, aspettando il prossimo viaggio la memoria di questi luoghi amati è pressante, il richiamo di luoghi e persone lontani arriva di soprassalto quando i gelidi venti di tramontana fanno rimpiangere il dolce tepore degli alisei e le serate trascorse ballando a “El Sarten” e mi accorgo dello scherzo di Kronos: sono già passati oltre due anni dall’ultimo viaggio.